Il Gattopardo e il suo Castello: Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Un castello che affiora nella mente dello scrittore come memoria non umana, una naturalità beata, una perduta età d’oro, o un luogo di corruzione e di apparenze, dove il principe Fabrizio pare condannato a qualcosa, a non poter barar con sé stesso: “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Donnafugata che, ispirandosi al suo nome, fugge lungo una successione di sale e camere da letto disposte a enfilade, dove il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare. I desengagements della Foresteria, a mo’ di voyeur, spiano la vita patrizia del palazzo Donnafugata,  inconsapevole della sua smisuratezza. La sala d’attesa e i suoi servi in livrea dagli inchini riverenti; la sala della musica, perfetta skenè di un concerto di voci; la sala da ballo, i cui specchi riflettono ancora immagini di risolini e ricami di dame pudiche; il suo studio dove la pendola di Boulle batteva sommessa. All’improvviso appare proprio lui, il principe Fabrizio. Sta attraversando il salone degli arazzi, quello azzurro, poi quello giallo. Sembra fermarsi ed esclamare: Che pace, mio Dio, che pace! I giardini alla Francese e all’Inglese, dove il sole già calava e i suoi raggi, smessa la prepotenza, illuminavano di luce cortese le araucarie, i pini, i robusti lecci che facevano la gloria del posto. Percorrendo il viale dei Ficus e dei pini di Aleppo, che scendono lenti fra alte siepi, si ode ancora la dolce pioggia degli zampilli che ricadono nelle fontane, e si scopre il labirinto e la promessa di un piacere che non avrebbe mai potuto volgersi in dolore. In cima alle grotte artificiali si staglia il tempietto neoclassico, per attingere un po' di conforto guardando le stelle: Ve n'era ancora qualcuna proprio su, allo zenith. Come sempre, il vederle lo rianimò. Erano lontane, onnipotenti e nello stesso tempo tanto docili ai suoi calcoli; proprio il contrario degli uomini, troppo vicini sempre, deboli e pur tanto riottosi.(Giuseppe Tomasi di Lampedusa, "Il Gattopardo")