Una musica particolare vibra dalla
scrittura di Vittorini. È la musica dei campanili, dei loro rintocchi, dei
belati delle Città del Mondo, dove Scicli/Gerusalemme o altro che si chiamasse,festosa di tetti ammucchiati di gazze
ladre e di scampanii, diventa “la più
bella di tutte le città del mondo... e la gente è contenta nelle città che sono
belle. È la musica incantata degli zufoli di terracotta a forma di Madonna a cavallo impennato, che pestava saraceni, unaiconografia che
aveva suggestionato la sua infanzia per la sua furente intemperanza e che
ritrovava nella prostituta Zobeida del "Garofano rosso" . È il bisbiglio di "Conversazione in Sicilia", notturno e
timoroso, che giunge da un regno sotterraneo. Una scrittura che diventa una partitura musicale per
affrancarsi da un’isola violata, immota, da cui era fuggito da ragazzo. Una
continua peregrinazione per liberarsi da quell’ombra luttuosa che avvolgeva il mondo offeso dei suoi anni, di quel Vittorini scrittore siciliano, milanese, ottimista
e progressista, ma che ritornava sempre all'isola siciliana, inesorabilmente.